La Foglia d'Acanto: recensioni senza spoiler!

La Foglia d'Acanto: recensioni senza spoiler!

Valerio Tagliaferri

"La Foglia d'Acanto" è il podcast che nasce dall'amore – o forse sarebbe meglio dire, dall'ossessione – per le storie. Che siano scritte su carta, proiettate su uno schermo o diluite in più puntate da divorare sul divano. Dopo aver trascorso anni a scrivere recensioni per il mio blog www.valeriotagliaferri.it, ho deciso di portare questa passione anche in formato audio, per permettervi di ascoltare le mie riflessioni mentre andate al lavoro, preparate la cena o semplicemente cercate un po' di compagnia durante le giornate frenetiche. Buon ascolto, Valerio.

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Recensione “Mica scema la ragazza!” di François Truffaut (1972)

Nel 1972 François Truffaut ci regala una commedia che sfida le convenzioni del cinema francese dell'epoca. "Mica scema la ragazza!" (Une belle fille comme moi) racconta la storia di Camille Bliss, una donna affascinante e manipolatrice che seduce e distrugge gli uomini che incontra, per sopravvivere ad una società ferocemente patriarcale. Attraverso la lente di Truffaut, esploriamo temi universali come la seduzione, l'inganno e la fragilità maschile di fronte al fascino femminile.

Un film che anticipa molte delle riflessioni sul rapporto tra i sessi che domineranno il cinema degli anni '70, con la maestria stilistica che solo il maestro della Nouvelle Vague sapeva offrire. Tra commedia nera e dramma psicologico, scopriamo insieme perché questa pellicola merita di essere riscoperta oggi.

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Recensione "Il Padrino" di Francis Ford Coppola (1972)

Cinquant'anni dopo la sua uscita, "Il Padrino" continua a dominare le classifiche dei migliori film di sempre. Ma cosa rende davvero immortale questo capolavoro?

Oltre alla regia visionaria di Coppola e alla sceneggiatura magistrale, scritta dallo stesso Coppola assieme a Mario Puzo, c'è un'interpretazione che ha ridefinito per sempre l'arte recitativa: quella stratosferica di Marlon Brando nei panni di Don Vito Corleone. Una trasformazione fisica e psicologica che ancora oggi rimane inarrivabile, un'incarnazione del personaggio che sfiora il miracolo artistico.

Scopriamo insieme perché questa performance rappresenta l'apice assoluto del cinema americano e come Brando sia riuscito a trasformare un patriarca mafioso in un'icona cinematografica immortale.


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Recensione "Agenzia omicidi" di Anthony Harvey (1985)

Anthony Harvey dirige con sensibilità una commedia nera che affronta temi profondi come la solitudine degli anziani e il diritto alla dignità nella morte. Grace Quigley (una straordinaria Katharine Hepburn) vive sola e immersa nei tristi ricordi della sua famiglia, quando il destino la porta a incontrare un killer professionista interpretato da Nick Nolte.

La pellicola esplora con ironia macabra il rapporto tra una vedova ottantenne che cerca una via d'uscita dalla sua esistenza solitaria e un sicario che si ritrova coinvolto in una richiesta tanto insolita quanto toccante.

L'interpretazione di Katharine Hepburn, all'epoca settantasettenne, dimostra ancora una volta la sua capacità di reinventarsi e affrontare ruoli complessi, mentre Nick Nolte offre un contrappunto perfetto con la sua interpretazione di un killer riluttante che scopre un'umanità inaspettata.

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Recensione “Il corridoio della paura” di Samuel Fuller (1963)

Questo film rappresenta uno dei vertici più audaci del cinema americano degli anni '60, un'opera che sfida convenzioni narrative e sociali con la forza esplosiva tipica del regista di "Quaranta pistole".

La pellicola racconta la storia di Johnny Barrett, un giornalista ambizioso interpretato da Peter Breck, che si fa internare in un manicomio per risolvere un caso di omicidio e vincere il premio Pulitzer. Quello che inizia come un piano apparentemente semplice si trasforma in un viaggio allucinante attraverso i meandri della follia americana, dove Fuller disseziona con precisione chirurgica le contraddizioni di una società in fermento.

Con il suo stile visivo aggressivo e una narrazione che non concede respiro, Fuller trasforma il manicomio in una metafora dell'America degli anni '60, affrontando temi scottanti come il razzismo, la Guerra di Corea e l'integrazione razziale attraverso tre pazienti che fungono da testimoni oculari delle ipocrisie del loro tempo.

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Recensione “Mangiare bere uomo donna” di Ang Lee (1994)

"Mangiare Bere Uomo Donna" diretto da Ang Lee rappresenta una delle opere più raffinate del cinema taiwanese contemporaneo, dove la cucina diventa metafora universale dei rapporti familiari e delle trasformazioni generazionali.

Attraverso la storia di Chu, maestro cuoco vedovo, e delle sue tre figlie - Jia-Jen, Jia-Chien e Jia-Ning - Lee costruisce un affresco delicato ma potente sui cambiamenti della società taiwanese moderna, utilizzando il cibo come linguaggio emotivo che trascende le parole non dette.

In questo podcast esploreremo come questo film anticipi molti dei temi che caratterizzeranno la successiva filmografia di Lee, dalla complessità delle dinamiche familiari alla tensione tra tradizione e modernità, dalla sensualità della preparazione culinaria come forma d'arte alla comunicazione attraverso i gesti quotidiani. Buon ascolto ...e buon appetito!