La Foglia d'Acanto: recensioni senza spoiler!

La Foglia d'Acanto: recensioni senza spoiler!

Valerio Tagliaferri

"La Foglia d'Acanto" è il podcast che nasce dall'amore – o forse sarebbe meglio dire, dall'ossessione – per le storie. Che siano scritte su carta, proiettate su uno schermo o diluite in più puntate da divorare sul divano. Dopo aver trascorso anni a scrivere recensioni per il mio blog www.valeriotagliaferri.it, ho deciso di portare questa passione anche in formato audio, per permettervi di ascoltare le mie riflessioni mentre andate al lavoro, preparate la cena o semplicemente cercate un po' di compagnia durante le giornate frenetiche. Buon ascolto, Valerio.

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Recensione “Due per la strada” di Stanley Donen (1969)

"Due per la strada" di Stanley Donen è un capolavoro cinematografico che racconta dodici anni di matrimonio attraverso un montaggio non lineare rivoluzionario per l'epoca.

Audrey Hepburn e Albert Finney interpretano Mark e Joanna Wallace in un viaggio attraverso la Francia che diventa metafora di un'intera relazione. Il film alterna momenti di gioia spensierata a silenzi carichi di rancore, mostrando con lucidità disarmante come l'amore si trasformi nel tempo.

La regia di Donen utilizza una struttura narrativa innovativa, mescolando presente e passato in una danza emotiva che anticipa il cinema moderno. Le interpretazioni sono straordinarie: Hepburn abbandona l'icona romantica per mostrare vulnerabilità e amarezza, mentre Finney regala un ritratto autentico della frustrazione maschile. La colonna sonora di Henry Mancini completa un'opera che parla di disillusione, compromessi e della difficoltà di mantenere viva la scintilla.

È un film coraggioso, malinconico e tremendamente onesto sul matrimonio. Una pellicola che sfida la retorica del lieto fine hollywoodiano. Un'esperienza cinematografica che risuona ancora oggi con forza immutata.


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Recensione "Betty" di Georges Simenon (1961)

Un ritratto spietato e toccante dell'autodistruzione femminile nell'opera di un maestro del noir psicologico. Betty, donna borghese in fuga dalla propria vita, trova rifugio in un bar di Versailles dove incontra un'altra donna, che diventerà sua confidente.

Tra bicchieri di alcol e confessioni notturne, Simenon ci conduce nell'abisso di un'anima ferita, svelando strato dopo strato i traumi, le umiliazioni e i segreti che hanno portato Betty sull'orlo del baratro.

Con la sua prosa asciutta e penetrante, l'autore belga esplora temi universali come la vergogna, la dipendenza e la ricerca disperata di redenzione. Un romanzo breve ma potentissimo che dimostra il genio di Simenon nel rivelare l'oscurità che si nasconde dietro le apparenze della rispettabilità borghese.


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Recensione "Betty" di Georges Simenon (1961)

Un ritratto spietato e toccante dell'autodistruzione femminile nell'opera di un maestro del noir psicologico. Betty, donna borghese in fuga dalla propria vita, trova rifugio in un bar di Versailles dove incontra un'altra donna, che diventerà sua confidente.
Tra bicchieri di alcol e confessioni notturne, Simenon ci conduce nell'abisso di un'anima ferita, svelando strato dopo strato i traumi, le umiliazioni e i segreti che hanno portato Betty sull'orlo del baratro.
Con la sua prosa asciutta e penetrante, l'autore belga esplora temi universali come la vergogna, la dipendenza e la ricerca disperata di redenzione. Un romanzo breve ma potentissimo che dimostra il genio di Simenon nel rivelare l'oscurità che si nasconde dietro le apparenze della rispettabilità borghese.

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Recensione “I soliti ignoti” di Mario Monicelli (1958)

"– Dimmi un po’ ragassolo, tu conosci un certo Mario che abita qua intorno?

– Qui de Mario ce ne so' cento.

– Oh sì va bene, ma questo l'è uno che ruba…

– Sempre cento so'!"

Con questo fulminante scambio di battute si apre uno dei capolavori assoluti del cinema italiano. Nel 1958 Mario Monicelli, insieme a Age, Furio Scarpelli e Suso Cecchi D'Amico, realizza un film che trasforma la miseria del dopoguerra romano in commedia immortale.

Una banda di maldestri rapinatori, guidati da un Vittorio Gassman in stato di grazia, tenta un colpo impossibile nella Roma popolare degli anni Cinquanta. Ma "I soliti ignoti" è molto più di una commedia: è un ritratto sociale spietato e tenero insieme, che ha lanciato Gassman nella commedia e ha segnato l'esordio cinematografico di Claudia Cardinale.

Un'opera che ha creato situazioni e battute entrate nel DNA della cultura italiana, e che continua a parlare al presente con una freschezza sorprendente. Scopriamo insieme perché questo film rappresenta una delle pietre angolari non solo del nostro cinema, ma della cinematografia mondiale.


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Recensione “Pollice da scasso” di William Friedkin (1978)

Nel 1978, reduce dal flop de "Il salario della paura", William Friedkin accetta un lavoro su commissione e dirige Peter Falk nella rievocazione della leggendaria rapina alla Brink's Company di Boston del 1950.

"Pollice da scasso" è un film curioso e diseguale, sospeso tra farsa picaresca e cronaca sociale, dove un cast stellare - da Gena Rowlands a Warren Oates, da Paul Sorvino a Peter Boyle - dà vita a una banda di scalcinati criminali italoamericani che tentano il colpo della vita.

Un'opera minore del grande regista che conserva il fascino del cinema americano degli anni Settanta, quando si poteva ancora raccontare la criminalità con ironia e senza moralismi. Una parentesi leggera nella filmografia di Friedkin che vale la pena riscoprire per Peter Falk in stato di grazia e per quella particolare atmosfera che solo il cinema di quell'epoca sapeva regalare.