La Foglia d'Acanto: recensioni senza spoiler!

La Foglia d'Acanto: recensioni senza spoiler!

Valerio Tagliaferri

"La Foglia d'Acanto" è il podcast che nasce dall'amore – o forse sarebbe meglio dire, dall'ossessione – per le storie. Che siano scritte su carta, proiettate su uno schermo o diluite in più puntate da divorare sul divano. Dopo aver trascorso anni a scrivere recensioni per il mio blog www.valeriotagliaferri.it, ho deciso di portare questa passione anche in formato audio, per permettervi di ascoltare le mie riflessioni mentre andate al lavoro, preparate la cena o semplicemente cercate un po' di compagnia durante le giornate frenetiche. Buon ascolto, Valerio.

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Recensione “Stato di fermo” di John Wainwright (1977)

"Stato di fermo" di John Wainwright è un thriller poliziesco del 1977 che ha rivoluzionato il genere con la sua struttura narrativa audace.

Il romanzo racconta in tempo reale l'interrogatorio di un sospettato accusato di terribile omicidio, concentrando l'intera vicenda nelle ventiquattro ore di fermo previste dalla legge britannica.

Wainwright costruisce una tensione claustrofobica attraverso il duello psicologico tra gli investigatori e l'imputato, in una battaglia di nervi dove ogni parola può essere decisiva. La narrazione procede come un orologio inesorabile, con la pressione che aumenta minuto dopo minuto.

L'autore, un vero ex poliziotto, infonde nel racconto un realismo crudo e una conoscenza profonda delle dinamiche investigative. Il romanzo esplora temi come la verità, la giustizia e i limiti etici dell'interrogatorio poliziesco.

"Stato di fermo" è un capolavoro di suspense minimalista che tiene il lettore col fiato sospeso dall'inizio alla fine, dimostrando che non servono inseguimenti o sparatorie per creare tensione autentica.


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Recensione "La figlia di Ryan" di David Lean (1970)

Nel 1970 David Lean firma uno dei capolavori più ingiustamente sottovalutati della storia del cinema. "La figlia di Ryan", con Robert Mitchum, Sarah Miles, Trevor Howard e John Mills, è un'opera di una bellezza visiva sconvolgente che trasforma una storia d'amore proibita nell'Irlanda del 1916 in pura poesia cinematografica.

Stroncato all'epoca dalla critica, il film rappresenta invece l'apice della maestria di Lean nel fondere epica e intimità, paesaggi mozzafiato e tormenti dell'anima. La fotografia di Freddie Young raggiunge vertici di perfezione pittorica, mentre le interpretazioni del cast restituiscono personaggi di straordinaria complessità umana.

La tempesta sulla spiaggia rimane una delle sequenze più memorabili mai girate. Un cinema che chiede tempo e contemplazione, ricompensando lo spettatore con emozioni che attraversano i decenni. Perché i veri capolavori non invecchiano: semplicemente aspettano di essere compresi.


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Recensione "Rosso sangue" di Leos Carax (1986)

Nel 1986, un giovane regista francese di appena ventisei anni firma il suo secondo lungometraggio e sconvolge il panorama cinematografico europeo.

"Rosso sangue" di Leos Carax è un'opera visionaria e febbrile, una dichiarazione d'amore al cinema stesso che mescola noir urbano, melodramma romantico e poesia visiva in un cocktail esplosivo di emozioni pure.

Denis Lavant – volto e corpo del cinema di Carax – interpreta Alex, giovane ladro coinvolto in un furto impossibile mentre Parigi è devastata da un'epidemia misteriosa che colpisce chi fa l'amore senza amare. Juliette Binoche, alla sua prima grande prova cinematografica, illumina lo schermo con una presenza magnetica. La celebre sequenza in cui Lavant corre per le strade notturne sulle note di "Modern Love" di David Bowie è diventata una delle scene più iconiche del cinema contemporaneo.

In questa puntata de La Foglia d'Acanto esploriamo un capolavoro di cinema d'autore che ha ridefinito i confini tra generi, un film che brucia di passione giovanile e audacia formale, capace ancora oggi di lasciare senza fiato.


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Recensione "The Little Prince" di Stanley Donen (1974)

Nel 1974, Stanley Donen – il maestro di "Cantando sotto la pioggia" – si confronta con una delle opere letterarie più amate di tutti i tempi: "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry.

Il risultato è un musical fiabesco e visionario che divide critica e pubblico, un'opera coraggiosa che trasforma la malinconia poetica del libro in un viaggio cinematografico tra deserti, pianeti impossibili e verità universali.

Con le musiche di Frederick Loewe e i testi di Alan Jay Lerner (la coppia dietro "My Fair Lady"), un cast straordinario che include Bob Fosse e Gene Wilder, Donen costruisce un film che sfida le convenzioni del musical hollywoodiano. Troppo sofisticato per i bambini, troppo ingenuo per gli adulti? O forse semplicemente troppo avanti per il suo tempo?

In questa puntata de La Foglia d'Acanto esploriamo un'opera incompresa che merita di essere riscoperta come uno degli esperimenti più audaci e personali nella filmografia di un grande maestro del cinema americano.


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Recensione “Frankenstein Junior” di Mel Brooks (1974)

Nel 1974 Mel Brooks e Gene Wilder creano quello che rimane il vertice insuperato della commedia parodistica: "Frankenstein Junior". Un film girato in bianco e nero con le scenografie originali dei classici Universal, dove ogni battuta è diventata cult e dove sul set si respirava quella magia irripetibile che capita solo quando un gruppo di artisti straordinari lavora in perfetta sintonia.

Dalla gobba "mobile" di Marty Feldman alle nevrosi di Madeline Kahn, da Gene Wilder che insiste sulla pronuncia "Fronkonstin" fino al leggendario nitrito dei cavalli ogni volta che qualcuno pronuncia "Frau Blücher": un viaggio tra gli aneddoti, le interpretazioni magistrali e i segreti di un capolavoro che dopo cinquant'anni continua a far ridere come il primo giorno.

Perché quando il mostro di Frankenstein balla il tip tap, tutto diventa possibile.